DA
ROMA ALLA TERZA ROMA
XXXVI
SEMINARIO INTERNAZIONALE DI STUDI STORICI
Campidoglio,
21-22 aprile 2016
Cesare Alzati
Accademia Romena
Bucarest
Università Cattolica del Sacro Cuore
Milano
INTERVENTO CONCLUSIVO
Sommario: 1. I Seminari
internazionali “Da Roma alla Terza Roma”. – 2. Dottrina giuridica dell’Imperium e idea hegeliana dello Staat. – 3. Il fondamento dell’ordine
politico. – 4. «Imperium»
e «Regnum»: alla luce della concreta esperienza storica. – 5.
La
crisi dello «Staat» di fronte alle provocazioni dell’attualità. – 6. Un’avvertenza
storiografica.
In diversi interventi di questo Seminario, ed anche in
quest’ultima seduta, siamo stati testimoni dell’irrompere dell’attualità
all’interno di un comune discorso, il cui centro focale era costituito
dall’antica Roma e dalle riproposizioni storiche del suo modello. Ma tale
circolarità tra storia e vita è un dato non nuovo in questi Seminari. Anche
Pierangelo Catalano lo ha ricordato in apertura di questa XXXVI edizione,
quando ha rievocato la scelta a favore del tema delle migrazioni.
Al riguardo mi pare comunque opportuna una precisazione.
Non si tratta di una strumentalizzazione della storia,
piegandola ai fini dei dibattiti contemporanei. È l’espressione della
consapevolezza che nell’oggetto primario di questi Seminari – ossia nella tradizione
giuridico istituzionale di Roma e nel patrimonio ideale che ne sta a fondamento
– vi siano non prospettive
ideologiche, ma concrete esperienze istituzionali, sulle quali con modalità
diverse si è di fatto costruita la vita di popoli, i più diversi, immersi in
una varietà di ambiti linguistici, culturali, religiosi.
Aprendo i lavori Paolo
Siniscalco ha ripreso il cammino dei Seminari, a partire da quello iniziale del
1981. Ne ho portato con me gli Atti.
Quel volume evidenzia quanto ho più sopra enunciato. E quale vasta declinazione
abbia conosciuto quello che Mario Capaldo ha definito il «paradigma romano».
In tale I Seminario, e in quelli che l’hanno seguito, ritroviamo
i contributi scientifici, non soltanto di studiosi dell’Antica, della Nuova e
della Terza Roma, ma di storici del diritto e storici del Cristianesimo, che
sono venuti riproponendoci i lineamenti romani delle variegate realtà
antropologiche, che al «paradigma romano» hanno attinto: dalla Bulgaria, alla
Serbia, all’ambito romeno, all’esperienza occidentale del Sacro Romano Impero.
Questa ampiezza d’orizzonti, oltre a mostrare l’inconsistenza di
qualsiasi tentativo di ridurre i dati considerati a rilettura ideologica del fatto
storico, evidenzia quanto ampia sia stata l’assimilazione e la riproposizione
creativa del modello imperiale romano. Che pure a livello locale è divenuto
modello fondante delle istituzioni e dell’immagine dell’autorità. Ben lo mostra
l’ambito romeno, nel cui lessico relativo all’autorità politica nella sua più
alta espressione, il sostantivo, anziché essere l’esplicitazione operativa di
un’azione espressa dal verbo della medesima radice, diviene la fonte del
termine indicante l’azione. Non imperium e imperator da imperare, ma împărat quale
fonte del verbo a împăraţi,
e del sostantivo împăraţie.
Sicché, l’essere riandati nei Seminari ai vari aspetti del
«paradigma romano» non è che il riflesso del convincimento in merito a validità
di contenuti e a rilievo storico di tale paradigma, in quanto non consistente
in un enunciato ideologico, ma concreta realtà giuridico-istituzionale,
radicata e verificata nella storia e nella sua varietà di situazioni.
In quest’età, nella quale
il carattere pervasivo dell’atteggiamento ideologico (per lo più avulso da
qualsiasi dottrina) è direttamente proporzionale al venir meno della
consapevolezza storica, quel «paradigma romano» (un tempo a tutti evidente:
tanto che a esso fa riferimento anche Enrico VIII re d’Inghilterra, e a esso –
come a paradigma – costantemente si richiama William Shakespeare nelle sue
opere), quel paradigma nell’oggi incontra non poche difficoltà di comprensione.
Non a caso il termine «Impero» è nella sensibilità contemporanea immediatamente
inteso nell’accezione ideologica di «opprimente dominio», retto non dal diritto
ma dalla forza. E tutto ciò comporta marcate conseguenze per la stessa
enunciazione della dottrina delle Tre Rome, subito percepita non quale
espressione di un’ecumene pacificata nella giustizia, ma quale progetto di
egemonico dominio.
In un contributo, che reputo fondamentale, apparso nell’anno
2000 nella Miscellanea Prosdocimi
sotto il titolo Impero: un concetto dimenticato
del diritto pubblico, Pierangelo Catalano ha additato le radici di tale
processo, determinatosi nella sensibilità politica in ambito europeo, nel
pensiero di Hegel. Questi, in Die
Verfassung Deutschlands e poi nelle Lezioni
sulla filosofia della Storia, ha programmaticamente rifiutato l’idea stessa
d’Impero universale, in quanto «sistema politico pensato (Gedankenstaat)» (pensato: dunque con un “a priori”, che lo
giustifica, e lo definisce), e non Stato concretamente realizzantesi a seguito
di un effettivo processo storico. L’idea statalista di Hegel è l’ideologia
politica in cui noi, più o meno consapevolmente, dal secolo XIX siamo immersi e
che vediamo ai nostri giorni minare alle fondamenta la stessa Unione Europea
(che era stata pensata e realizzata secondo una prospettiva del tutto
antitetica).
Una caratteristica del
concetto hegeliano di Stato, viene da Catalano particolarmente rimarcata:
quella ch’egli chiama «la netta distinzione tra il potere dello Stato e il
potere religioso»; personalmente direi: il rifiuto di qualsiasi “a priori” che
trascenda lo Stato stesso. Tutto, a cominciare dalla Giustizia, nello Stato ha
il suo fondamento e da lui promana.
Come si vede, è l’antitesi della Res publica, che nella pax
Deorum ha il suo riferimento equilibrante, quella pax Deorum che nell’Editto del 311 spinse il pagano Galerio a
superare i propri personali convincimenti religiosi (ed è lui stesso a
dichiararlo) per accordare la libertà ai cristiani, affinché anch’essi offrano
il culto alla divinità.
Mi sembra che questo complesso di problemi storici e ideali
offra una “chiave di lettura” anche di quanto in queste giornate abbiamo
ascoltato.
È l’“a priori religioso” che sta a fondamento dell’Asylum, e del riproporsi delle sue
prerogative nel tempio e nelle statue di Cesare, come ci ha illustrato Renato
del Ponte.
È con riferimento all’“a priori religioso” che si definisce
l’ordinamento dei millet e il ruolo delle loro autorità nell’Impero ottomano,
di cui ci ha parlato Îlber Ortayli.
È nell’‘a priori religioso’ che lo Carstvo moscovita e il Celeste Impero trovano il criterio di
autodefinizione, e di definizione dell’«ecumene» e del «tutto sotto il Cielo»,
con il conseguente accordo eterno di pace, come ci ha mostrato Giovanni
Maniscalco Basile.
Ma è questo riferimento trascendente che stava a fondamento
anche del rapporto tra Mongoli e popolazioni sottomesse all’interno di quella
straordinaria realtà istituzionale determinata dall’espansione di Gengis Khan,
e della cui organizzazione interna ci ha parlato Svetlana Maslova.
Credo che Samir
Aličić abbia offerto un eloquente esempio di cosa possa significare
nella prassi di governo un’idea di Impero, con i suoi caratteri specifici,
rispetto a un’idea di Regno particolare. Leopoldo I e i suoi successori,
cattolici, tutelarono i Serbi, ortodossi, mediante gli Illyrica Privilegia, respingendo le richieste ungheresi di
sottoporre i Serbi stessi alle leggi particolari del Regno ungherese (e anche
del Principato di Transilvania). E, grazie a questo, i Serbi, dalla statualità
moderna dolorosamente sradicati dal Kossovo, sono tuttora pienamente radicati
nella Vojvodina.
Il contrasto tra imperatori ed esponenti di una realtà
particolare in qualche modo è venuto prospettandosi anche nel caso armeno,
ricordatoci da Konstantinos Vlahos.
E se l’accoglienza dei Serbi ci rinvia al Sacro Romano Impero,
Giorgo Vespignani ci ha ricordato l’accettata presenza di personaggi greci e
italiani nello Carstvo moscovita.
Queste due esperienze risultano cronologicamente piuttosto tarde, ma appaiono
comunque radicate in un patrimonio ideale e istituzionale antico, come ci ha
mostrato la relazione di Franco Vallocchia sulla civitas Romana per migrationem et censum, un patrimonio ideale e
istituzionale cui in questo Seminario un’ultima testimonianza è stata resa da
Iurij Petrov, che ha delineato i problemi di emigrazione, immigrazione e
migrazione interna, abbracciando con una sintesi molto efficace l’Impero
sanpietroburghese del XIX secolo, la fase sovietica e la realtà attuale.
Mi
pare, poi, che tutte le relazioni, per diversi aspetti interessantissime,
riguardanti tempi a noi più vicini e la stessa attualità – dall’insediamento
dei mercanti nella Mosca degli inizi del XIX secolo, di cui ci ha parlato
Galina Uljanova; all’evoluzione demografica verificatasi nella vicenda di Roma
all’interno dello Stato nazionale italiano, di cui ci hanno riferito Corrado
Bonifazi e Massimiliano Crisci; alle migrazioni interne nella Russia
staliniana, documentate da Sergej Žuravliëv; al caso degli emigrati Bianchi
descritto da Olga Dubrovina; alle questioni connesse all’inurbamento nella
Russia contemporanea, e all’immigrazione minorile in Italia e in particolare a
Roma, di cui ci hanno parlato Gian Paolo Caselli ed Elena Ambrosetti con Enza
Roberta Petrillo – facciano toccare con mano quali difficoltà generi il
concetto di matrice hegeliana di Stato, anzitutto a livello di elaborazione
intellettuale, e conseguentemente a livello giuridico e operativo.
Quanto dico può sembrare
provocatorio, ma vuole essere semplicemente un pressante invito a riflettere
sulle importanti questioni che soggiacciono a quanto abbiamo ascoltato.
Personalmente
credo che ne possa scaturire anche una conseguenza operativa sul piano
storiografico: l’estrema circospezione nell’uso del termine «Staat», che
escluderei in rapporto all’Impero (nelle sue varie declinazioni), e userei con
grande cautela anche in rapporto alle diverse e variegate realtà politiche, che
l’Antico Regime ha conosciuto, e che per molti aspetti avevano pur sempre nel
«paradigma romano» il proprio modello.
***
E con questa
considerazione chiudo, ringraziando i relatori che ci hanno illuminato con i
loro preziosi contributi, le gentili interpreti che hanno permesso a tali
contributi di trasformarsi in un fecondo dialogo scientifico, quanti hanno
progettato questo Seminario e l’hanno condotto a realizzazione, ma altresì
tutti coloro che a questo Seminario hanno partecipato animandolo con la loro
presenza.
[Un
evento culturale, in quanto ampiamente pubblicizzato in precedenza, rende
impossibile qualsiasi valutazione veramente anonima dei contributi ivi
presentati. Per questa ragione, gli scritti di questa parte della sezione
“Memorie” sono stati valutati “in chiaro” dal Comitato promotore del XXXVI
Seminario internazionale di studi storici “Da Roma alla Terza Roma”
(organizzato dall’Unità di ricerca
‘Giorgio La Pira’ del CNR e dall’Istituto di Storia Russa dell’Accademia delle Scienze di Russia, con
la collaborazione della ‘Sapienza’
Università di Roma, sul tema: MIGRAZIONI, IMPERO E CITTÀ DA ROMA A
COSTANTINOPOLI A MOSCA) e dalla direzione di Diritto @ Storia]